Molte persone si preoccupano principalmente di quanto ingombra una pressa da stiro o di quanto sia comoda da usare. E spesso dimenticano un aspetto decisivo: il consumo energetico. Con la bolletta elettrica che sale e scende come fosse un’altalena impazzita, è naturale chiedersi quanta corrente assorba effettivamente questo macchinario che promette pieghe impeccabili in tempi record. Oggi voglio spiegarti tutto, con una chiacchierata informale ma accurata, così da mettere a fuoco i costi e le variabili in gioco.
Perché preoccuparsi del consumo di una pressa da stiro?
Nel vivere di tutti i giorni, stirare è una di quelle faccende che tendiamo a rimandare (personalmente ci ho messo anni a fare pace con il ferro). Quando però arriva il turno del bucato gigante, e magari abbiamo una famiglia numerosa o un bed & breakfast da mandare avanti, salta fuori l’idea di usare una pressa per velocizzare il tutto. Una pressa è innegabilmente più rapida nell’appianare camicie, lenzuola e tovaglie, ma ciò richiede un certo dispendio elettrico.
Puoi pensare: “Ma il ferro tradizionale non consuma già tanto?” Certo, anche lui si fa sentire sulla bolletta, ma la pressa fa parte di una categoria di apparecchi pensati per trattare ampie superfici di tessuto in pochi istanti. E quella potenza si paga, in qualche modo. Tuttavia, non è sempre un male: potresti risparmiare ore preziose e, in certi casi, persino qualche euro. Dipende tutto da quanto stiri, per quanto tempo e da come usi il dispositivo.
Watt, kilowattora e altre parolone: facciamo chiarezza
Prima di addentrarci nei numeri, diamo un piccolo ripasso ai concetti di base. Ogni elettrodomestico è contraddistinto da una potenza espressa in watt (W). Più watt vuol dire più energia consumata in un dato istante. Il costo in bolletta, però, si valuta in kilowattora (kWh). In sintesi, se un dispositivo da 2000 watt (cioè 2 kW) rimane acceso per un’ora continua, userà 2 kWh.
Potresti imbatterti in presse che vanno dai 1000 watt fino a modelli che superano i 2200-2400 watt. Se da un lato la potenza maggiore accelera la stiratura, dall’altro fa schizzare il consumo. Ma attenzione: la pressa non lavora sempre al massimo. Ha un termostato interno che regola la temperatura e un sistema di vapore (spesso erogato a intermittenza). Quindi la potenza effettiva assorbita non è fissa.
Ma quanti kWh si bruciano veramente?
Facciamo un esempio concreto, anche se un po’ semplificato: poniamo che la tua pressa sia da 2000 watt e la utilizzi per stirare un grosso carico di biancheria nel weekend, per un totale di un’ora di utilizzo effettivo (ovvero piastra chiusa e vapore in funzione). In teoria, consumeresti 2 kWh. Se paghi l’elettricità, poniamo, 0,25 euro per kWh (valore puramente indicativo, i prezzi variano a seconda del fornitore e delle fasce orarie), il costo sarebbe di 0,50 euro. Non un’enormità, vero?
Ma la questione diventa più interessante quando non stiri soltanto per un’ora di fila. Alcuni modelli restano in stand-by con una potenza minore, altri invece consumano quasi a pieno regime anche se non stai stirando attivamente. Se gestisci una stireria o lavori come sarta (o sarto) professionista, e usi la pressa diverse ore al giorno, allora sì, la differenza si noterà in bolletta. Inoltre, certe presse super-performanti con caldaie potenti possono arrivare anche a 2400-2600 watt e, di conseguenza, consumare un po’ di più rispetto ai modelli più piccoli.
Il tempo di riscaldamento: un parametro da non trascurare
Hai presente quando accendi il ferro da stiro e devi aspettare qualche minuto prima che arrivi alla temperatura giusta? Ecco, con una pressa, quel tempo può essere leggermente più lungo o più breve, a seconda della qualità del termostato e della potenza del dispositivo. Questo momento iniziale di “riscaldamento” è in genere quando l’elettrodomestico raggiunge il picco di assorbimento elettrico. Dopodiché, entra in gioco il mantenimento, e la pressa potrebbe assorbire una quantità minore di energia perché si limita a conservare la temperatura raggiunta, erogando calore in maniera intermittente.
Quindi, se stiri un paio di capi al giorno, forse non conviene accendere e spegnere la pressa ogni volta. In quei casi, un ferro tradizionale sarebbe più pratico. Al contrario, se devi passare in rassegna venti camicie e dieci paia di pantaloni tutte insieme, la pressa accesa per un po’ di tempo ininterrotto lavora in modo più efficiente sul lungo periodo. In pratica, l’uso che ne fai determina l’effettiva incidenza sul consumo complessivo.
Risparmiare sul consumo: qualche trucco?
Certo, ci sono alcuni accorgimenti per rendere la stiratura più efficiente, e valgono sia per la pressa che per il ferro. Per esempio, stendere i panni in modo che abbiano meno pieghe, così da non dover insistere troppo con il calore e il vapore. Oppure stirare i tessuti quando sono ancora leggermente umidi, soprattutto se il modello consente di regolare bene la temperatura.
Alcune persone sfruttano fasce orarie in cui l’energia costa meno. Se hai un contratto di fornitura bioraria o trioraria, concentrare le sessioni di stiratura serali o nei weekend può tagliare un pezzetto di spesa. Non è la rivoluzione del secolo, ma ogni piccolo contributo fa comodo. Poi, chiaramente, c’è chi preferisce delegare una parte della stiratura alla lavanderia professionale e chi, invece, sceglie una pressa con funzioni di spegnimento automatico, così da non sprecare corrente in caso di distrazione.
Ma la stiratura veloce fa davvero risparmiare energia?
Qui c’è un interessante paradosso. Una pressa potente può sembrare più dispendiosa, ma ti fa finire prima il lavoro. Ciò vuol dire che rimane accesa per meno tempo rispetto a un ferro che impiega mezz’ora in più. Sarebbe come confrontare una vettura molto veloce con una più lenta: la prima consuma di più al minuto, però ti porta a destinazione in un batter d’occhio. Se in totale il tuo “viaggio” (cioè la stiratura) dura la metà, potresti persino risparmiare.
Quindi, se devi stirare la biancheria di un’intera famiglia o di una piccola struttura ricettiva, una pressa ad alte prestazioni potrebbe avere un impatto energetico minore di quello che immagini, perché riduce sensibilmente i minuti (o le ore) di utilizzo. È chiaro, se invece l’adoperi solo per un paio di magliette e un abito da festa, il beneficio sul tempo non sarà così marcato, e magari il gioco non varrà la candela.
Dispositivi diversi, consumi diversi
Non esiste una pressa da stiro universale. Ogni marchio ha la sua tecnologia, i suoi materiali di costruzione e il suo range di potenza. Alcune presse Singer, per esempio, oscillano tra 1500 e 2200 watt, mentre modelli di altre marche, come Necchi o Omega, possono presentare un assorbimento energetico leggermente superiore o inferiore. Bisogna sempre dare un’occhiata all’etichetta tecnica.
Inoltre, la qualità della caldaia interna fa la differenza. Le presse di fascia alta riescono a produrre vapore in modo costante e ben distribuito, con un controllo termico sofisticato: ciò significa che, pur avendo un wattaggio elevato, non lavorano al massimo tutto il tempo. Al contrario, gli apparecchi più economici a volte faticano a mantenere la temperatura e compensano con continui picchi di assorbimento. Quindi, paradossalmente, una pressa più costosa potrebbe, in certi casi, rivelarsi più efficiente e meno onerosa a lungo andare.
E se ci aggiungiamo l’efficienza energetica?
Ormai siamo abituati a cercare le etichette energetiche sui frigoriferi, sulle lavatrici, sui climatizzatori. Con la pressa, non sempre troverai una classificazione chiara come quella di un televisore o di un forno. Tuttavia, alcuni modelli vantano funzioni di risparmio energetico, come l’autospegnimento dopo un periodo di inattività o la possibilità di regolare la temperatura su più livelli, in base al tessuto. Il consumo, quindi, può variare parecchio in base a come imposti la macchina.
C’è un altro discorso che spesso passa in sordina, ma che a me sembra interessante: la durata nel tempo del dispositivo. Se una pressa ben costruita ti dura dieci anni, stai comunque ammortizzando il costo iniziale e, col tempo, potresti anche ridurre il numero di ferri da stiro che bruci uno dietro l’altro. Certo, qui entriamo nella manutenzione e nella qualità di costruzione, che meriterebbero un capitolo a parte.
Sì, ma in bolletta quanto pesa?
Forse la domanda più diretta che ti starai ponendo è: “Va bene tutto, ma ogni mese, quanto cambia la mia spesa?” Diciamo che, se sei un utilizzatore medio e stiri un’ora a settimana con una pressa da 2000 watt, nel mese arrivi a 8 kWh totali (2 kW x 1 ora x 4 settimane). Se il costo medio dell’elettricità fosse 0,25 euro/kWh, spenderesti circa 2 euro al mese specifici per la stiratura (cifra stimata, ovviamente).
Chi invece stirasse ogni giorno per un’ora, salirebbe a circa 30 ore mensili, quindi 60 kWh, con un costo di 15 euro mensili. Non è pochissimo, ma potrebbe valere la pena se la stiratura è parte integrante della tua attività professionale o se non puoi fare altrimenti. Bisogna incrociare dati di consumo, tariffe e abitudini personali. Alcune famiglie numerose potrebbero addirittura trovare conveniente usare la pressa di sera, nelle fasce più economiche, e scoprire che la differenza è contenuta rispetto a un ferro tradizionale.
Conclusioni
Potresti trovare contraddittorio che un dispositivo più potente possa, in certi casi, consumare meno in senso assoluto, ma è la storia di “chi corre più forte, arriva prima”. Se la sessione di stiratura si riduce di molto, l’impatto sulla bolletta non è così drammatico. Al contrario, se mantieni la pressa accesa a vuoto o la usi per pochi capi al giorno, rischi di consumare inutilmente energia. Tutto, come al solito, si gioca sulle abitudini personali.
Quindi, se c’è un’occasione in cui hai bisogno di stirare velocemente (pensa a una famiglia numerosa che cerca disperatamente di avere vestiti in ordine per la settimana lavorativa), la pressa diventa un’assicurazione contro lo stress da pieghe. Magari non la userai quotidianamente se non serve, ma averla può fare la differenza nei momenti di picco.